mercoledì 26 settembre 2012

Seduzioni del Paesaggio, una mostra a Bacoli

Seduzioni del Paesaggio…a Bacoli Posted on 24/09/2012 by silviaceriegi A Bacoli, in provincia di Napoli, c’è un luogo bellissimo. Si chiama Complesso del Fusaro e, fino al 29 settembre, ospita una mostra dal titolo “Seduzioni del Paesaggio“. In contemporanea alla mostra, ad ingresso gratuito (fino al 29 settembre dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00, con prolungamento alle ore 20.00 nelle giornate in cui sono programmati altri eventi), che ospita opere di artisti italiani e tedeschi, sono previsti diversi eventi. In particolare, stasera, ci sarà la nostra Amica Paola Russo a dialogare con Rosario Zanni, autore del libro Mal’aria, che verrà presentato nel corso della serata. Ecco cosa mi ha raccontato Paola a proposito della mostra: "L’occasione è un incontro- scontro fra un ente di formazione professionale, Progetto Uomo onlus, e un artista, Giovanni Mangiacapra. Da questo incontro-scontro nascono una serie di idee ambiziose, fra cui questa, che prelude ad un altro incontro, quello fra artisti italiani e tedeschi in una mostra internazionale di arte contemporanea, in corso fino al 29 settembre al Complesso Vanvitelliano del Fusaro, nel cuore dei Campi Flegrei, uno scenario splendido (il giardino storico, gli stalloni, l’Ostrichina o Villa del Lago ed il Real Casino di Caccia commissionato da Ferdinando IV di Borbone e realizzato da Carlo Vanvitelli, mentre l’aspetto decorativo fu affidato a Jacob Philipp Hackert). La mostra è leggibile come un’avventura intellettuale e creativa senza barriere, dove tutti si possano sentire sedotti da nuove emozioni".

martedì 18 settembre 2012

il mio reportage sul Salento pubblicato su Trippando!


Il Salento dalla A alla Z – di Paola Russo
Posted on 13/09/2012 by silviaceriegi
Tutti gli ospiti son graditi. Paola Russo lo è di più. E’ una lettrice di Trippando della prima ora. Ci ha regalato un racconto meraviglioso sull’India che, se non avete letto, vi invito a leggere. Insomma, una Viaggiatrice ed una Donna come ce ne sono poche. Aprire la posta e trovare un suo regalo come quello che state per leggere non ha prezzo. Leggetela, non vi deluderà!

Prendo in prestito e mi faccio ispirare dall’idea di Silvia sull’ABC Viaggi, per costruire un mio personale percorso alfabetico sull’ultimo viaggetto estivo, fatto in compagnia del mio compagno Marco, in Salento, ultima settimana di agosto. Prima di cominciare, andateci, è un posto meraviglioso. Poi, ABC….
A come acqua. L’acqua del Salento è verdissima, pulita, cristallina. Molto spesso è bassa quindi si può camminare per metri e metri dal bagnasciuga, e questo è bello anche per i bambini che si divertono un sacco. Non solo i bambini…
B come barocco. Il barocco leccese ha una caratteristica particolare, che è quella di essere esagerato. La mia Lonely Planet cita il viaggiatore Thomas Ashe, che la visitò nel XVIII, definendola “la città più bella d’Italia”, mentre il marchese Grimaldi dichiarò che la facciata di Santa Croce gli faceva venire in mente “l’incubo di un pazzo”. A me sono piaciuti il colore della pietra, la morbidezza dei ricami e delle preziosità, la ricchezza delle decorazioni. Non solo a Lecce, ma anche nella stupenda Galatina, che forse è più racchiusa e raffinata.
C come cozze gratinate. Noi le abbiamo mangiate in un ristorante a Soleto che si chiama “Sole Griko”. Sono grandi, ripiene di mollica di pane e parmigiano, e saporitissime. Mi sono rimaste nel cuore, ma assolutamente non sullo stomaco! Ancora a proposito di cozze, rimarchevole è il piatto pugliese riso patate e cozze, la tiella, anche nella sua variante leccese di “taieddhra”, con l’aggiunta di zucchine.
D come dolce. Il dolce tipico leccese è un “pasticciotto” di pasta frolla ripieno di morbida crema. Una delizia per il palato. Mi ha ricordato il “bocconotto” tipico di Maratea, ma quello contiene anche l’amarena, che non mi piace.
E come eccezione. Un ristorante che non ci è piaciuto, a Lecce. Ma forse queste sono cose da TripAdvisor, e infatti abbiamo provveduto a fargli una recensione negativa. Aspettare più di un’ora per due primi mentre tutti gli altri tavoli venivano prontamente serviti ci è parso un po’ esagerato, con la scusa poi che si fosse persa la nostra comanda…
F come frantoio ipogeo. Cioè frantoio sotterraneo. Ne abbiamo visitato uno a Gallipoli, che nel XVI e XVII sec. era importante per la produzione di olio “lampante”, che veniva usato per illuminare le strade delle principali città europee.
G come Gallipoli. La città si trova sulla costa ionica, e ci si arriva superando la “parte nuova” che è inquietante, soprattutto per la presenza di uno strano palazzone modernista che sembra lo schermo di un vecchio computer, insomma orribile. Poi arrivi all’isoletta dove si trova la città vecchia, attraversi il ponte che la collega alla terraferma, ti immergi nel dedalo di viuzze piene di palazzi barocchi, negozietti di souvenir, ristorantini, chiese in pietra rosa, ed entri in un’altra dimensione. Noi abbiamo visitato Gallipoli in una giornata di vento forte, e quando da una viuzza giungi verso la spiaggia della Purità, hai un colpo al cuore, per la linea curva e perfetta del seno omonimo, e per il colore del mare in tempesta.
H come hotel. Non servono, in fondo, qui in Salento. L’ospitalità dei b&b, anche di quelli più semplici e spartani, è perfetta. Il nostro, non mi stancherò mai di ripeterlo, era ottimo. Il suo sito web, purtroppo, non gli rende giustizia, www.olimia.it. A meno che non vogliate andare in uno di quei stupendi relais ricavati dalle vecchie masserie, allora immagino che vi potreste trovare in paradiso in terra. Ne ho visti alcuni per strada…
I come immagini. Sono quelle che ti rimangono attaccate agli occhi. La campagna fatta di terra rossa, ulivi e muretti a secco, masserie, strade che la attraversano a perdita d’occhio, poi improvvisamente la macchia verde-blu del mare, dietro una duna. Ho amato molto la strada che conduce a Otranto, è bellissima e dritta, immersa in questa campagna ricca di uliveti, e nessuna fotografia riesce davvero a renderne la serenità e l’ordinata bellezza.
L come Lecce. La prima sera c’era la festa di S.Oronzo, con un’atmosfera molto allegra e un po’ caciarona. Luminarie, bancarelle, festa di piazza. In altre situazioni abbiamo avuto modo di entrare nei vicoli e di ammirare tutto quel barocco eccessivo ma bellissimo. In particolare, l’aspetto scenografico della piazza del Duomo, che sembra davvero una quinta teatrale, è stupendo, soprattutto di notte.
M come musica della tarantola. Il tarantismo è un aspetto molto particolare della cultura salentina, nato dalla convinzione che i contadini che lavoravano nei campi e venivano morsi da una tarantola fossero poi tenuti in schiavitù dal canto del ragno, il suo “cantum tempore”. Ci sono tante leggende sul tarantismo, in questa che è anche terra di maghi, “macare” e fattucchiere. Oggi c’è la Notte della Taranta, che si tiene ogni anno a Melpignano e che celebra attraverso la contaminazione con altre musiche del panorama etnico internazionale la potenza dell’abbandono totale e dionisiaco alla musica. Noi eravamo lì proprio nel periodo della notte della taranta, ma ci siamo tenuti lontani dal frastuono e dal suo richiamo anche un po’ modaiolo.
N come nonsense. Troviamo divertentissimo il nonsense della viabilità complanare pugliese. Viabilità di servizio, complanari e indicazioni quantomeno ambigue. Insomma, bisogna proprio dotarsi di una cartina stradale per viaggiare in auto senza sbagliare diecimila volte strada! Marco era contentissimo della sua cartina, e la dominava in scioltezza!
O come Otranto. E’ la città di cui mi sono innamorata. Ci siamo andati due volte. Il primo giorno il caldo era torrido, e girare a mezzogiorno per le bianche stradine del centro storico è stato un po’ stressante. Ma la sosta sulla spiaggetta vicinissima al centro è stata rinfrancante. Il secondo giorno è avvenuta la scoperta. A parte il castello famosissimo, quello che ha dato il nome a tutta la letteratura “gotica” con il Castello di Otranto di Walpole, a parte i vicoletti bianchi stretti e costellati di raffinatissimi negozietti, a parte gli scorci di mare che ogni tanto ti aprono il cuore, uscire all’aperto di una sorta di piazza-terrazza sul mare, lucida e liscia di pietra e battuta dal vento, è stata un’esperienza bellissima. Poi era pomeriggio, e la luce era particolarmente favorevole, un po’ obliqua. Amore assoluto.
P come come puccia. E’ la più famosa forma di pane salentino, cotta in forni di pietra alimentati a legna, a base di grano duro e lievito madre. Ha una forma di pagnotta molto arrotondata e gonfia, del diametro ci circa 20, 25 centimetri (per 200-250 grammi di peso). Noi l’abbiamo mangiata a Gallipoli, e il non troppo simpatico gestore della puccerìa si è stupito che volessimo farla farcire con così poca roba. Marco ci ha fatto mettere funghi di ogni genere, ed io mozzarella e carciofini. Ok, io sono intollerante al glutine, ma buona!
Q come questo Salento, un posto da visitare per scoprirne le numerose bellezze…
R come rustico leccese. Non è l’unica cosa da citare della cucina salentina, ma a noi è piaciuto particolarmente, e lo abbiamo mangiato due volte in una specie di fast-food a Galatina dal nome improbabile, Pizza-Mania. Il rustico è un disco di pasta sfoglia fragrante e delicata, con un ripieno di pomodoro, mozzarella, salsa bechamel e un po’ di pepe. Semplice e buonissimo allo stesso tempo.
S come Soleto. E’ un piccolo paesino dove abbiamo soggiornato per sette notti in un b&b delizioso condotto da una signora ancora più deliziosa, Dolores, che ogni mattina ti fa trovare a colazione un dolce diverso, “Oli Mia”, che in grecanico significa “Insieme a noi”. Soleto fa parte dei comuni della Grecìa Salentina, una sorta di bizzarra “isola linguistica” nel cuore del Salento, dove ancora si parla (e si insegna nella scuola elementare) un dialetto neo-greco, il grecanico o griko.
T come Torri. Sono le torri di avvistamento. Il Salento, esposto da sempre alle scorrerie dei pirati, ma anche agli assalti degli eserciti invasori, si chiude in una fitta rete di torri, castelli e masserie fortificate. Basta fare un giro lungo la litoranea per rendersi conto delle decine e decine di torri che svettano solitarie sul cocuzzolo della roccia che precipita in mare. Già nell’antichità romana il fenomeno della pirateria non era sconosciuto e già allora si cominciarono a prendere le dovute misure lungo la costa. Il fenomeno assume però rilievo notevole nel XV e XVI secolo. Tra il 1558 ed il 1567, per far fronte alle continue scorrerie si realizzano in tutto il Sud 339 torri e nella sola Puglia 96: 16 in Terra di Bari, 80 in terra d’Otranto, un’area molto più vasta, come si sa, rispetto alla attuale Provincia di Lecce. Questo excursus storico per arrivare ad oggi, che le torri sono utilizzate per identificare alcune fra le spiagge più belle del Salento. Noi siamo stati a Torre dell’Orso, sulla costa adriatica, a Torre Colimena- Torre Lapillo, e a Torre Chianca, sulla costa ionica. Mare splendido, dovunque.
U come Uliata. La puccia salentina, che nella versione con l’aggiunta di olive nere (cellina di Nardò in salamoia rigorosamente col nocciolo), “Puccia cu l’aulìe” (o Uliata) assume la declinazione più tradizionale e più saporita. Con le olive (sempre rigorosamente con il nocciolo) ho mangiato un’altra cosa buonissima, una pagnottina dal colore un po’ aranciato di cui però non ricordo il nome, forse “mpilla”.
V come vento. Ne abbiamo cominciato a subodorare la forza quando, durante uno splendido concerto nel chiostro del Palazzo della Cultura a Galatina, ha cominciato ad alzarsi, potentissimo e accompagnato da sibili, creando trambusto, disturbando l’esecuzione dei musicisti (soprattutto la bravissima clarinettista il cui vestito, insieme all’equilibrio psichico, era in preda al caos più totale). Nei giorni successivi è stato prima vento da sud- est, che rendeva problematico stare in spiaggia sulla costa adriatica, poi vento da ovest, che rendeva problematico stare in spiaggia sulla costa ionica. Ma in Salento, proteso tra due mari, c’è sempre un’alternativa…
Z come Zollino, e come zia. L’uscita di Zollino era tra quelle che vedevamo sempre, e ci piace il nome di questo posto, dove però non siamo mai stati! La seconda z, quella di zia, riguarda me, e il mio amore fulminante, da un anno a questa parte, per il mio strepitoso nipotino Fabio, a cui ho comprato, sulle bancarelle della festa di S.Oronzo, a Lecce, un bavaglino con la scritta made in Salento “beddhru della zia”.


giovedì 3 maggio 2012

Noi veneriamo il silenzio

Io venero il silenzio. Non mi fa paura. A farmi paura è il rumore. Le voci esagerate. Le urla. Il chiasso. E infatti, a sottolineare il fatto che la vita è barocca (e lo è soprattutto la mia), mi ritrovo in un pulmino gran lusso a fare da docente accompagnatore a queste tremende ragazzine, sempre quelle del corso per parrucchiere, che oggi sono spaventosamente rumorose. I due soli maschi della classe, specie in via di estinzione, oggi sono assenti, e questo peggiora la situazione perché manca l’elemento calmante. Purtroppo siamo rimaste io e loro, queste sette fanciulle quindicenni, tutte carine, vestite come se dovessero sfilare per uno stilista di abiti da spiaggia, ai piedi o stivali o sandali alla schiava, capelli perfettamente in piega perché stiamo tornando dallo stage, e questo abbiamo fatto. La piccola M. invece stamattina non ha lavorato, ha trovato delle scuse per sottrarsi ad ogni compito che provavo ad affidarle, e io ci ho badato poco, stanca, distratta o forse troppo concentrata sul lavoro delle altre. Non so perché, o forse lo so, io ignoro questa ragazzina. Mi fa impressione, da quando ha preso per i capelli la sua compagna C. durante un’accesa discussione, e poi è stata per tutta l’ora successiva a tremare, trasmettendo a me, che le tenevo la mano sulle spalle per calmarla, la sua rabbia, e la sua paura. Oggi però ha trovato il modo per farsi vedere proprio bene da me, e dalle altre. Ha aperto spavalda uno dei finestrini del pulmino e scientificamente ha cominciato a sporgersi con tutto il busto, cantare a squarciagola e urlare oscenità a tutti gli automobilisti che le capitavano a tiro in tangenziale. A me ha preso un colpo. Ho visualizzato la piccola M. con la testa tranciata di netto da un camion di passaggio in corsia di sorpasso, e mi sono venuti i brividi. La responsabilità è la mia. Tento con le buone, niente, sembra presa da una specie di fuoco orgiastico, disorganizzato, che si alimenta dei rimproveri, e dei miei tentativi di riportarla alla realtà. La allontano, prendendola quasi di peso, dal finestrino, ma si divincola, sembra un capitone, e si diverte, ride, isterica. Al colmo della rabbia, la prendo per i capelli, ma è elastica, o forse ci è abituata, non le faccio niente, non accusa nessun dolore, anzi è galvanizzata. Sono disperata, mentre le altre ragazzine cominciano ad invitarla alla calma. -Stai esagerando, mò smettila- Non ascolta nessuno.
Mi scappa da dire- Se ti succede qualcosa, io declino ogni responsabilità-
-Sono minorenne, prussurè- e mi guarda con aria di sfida.
-Sei fuori dal corso, M.-
-Vaffanculo, prussurè. Culo. Culo-

La mia India su "Trippando"

Silvia Ceriegi del blog www.trippando.wordpress.com sta pubblicando a puntate un mio testo, che racconta di un'esperienza di viaggio in India di qualche anno fa. Grazie a Silvia e a coloro che lo stanno apprezzando!

sabato 7 aprile 2012

La mia pastiera

Ok, è fatta. Anche la mia pastiera è stata sfornata, con gran soddisfazione della sottoscritta. Avevo provato a farla qualche anno fa, ma non ero molto convinta nè motivata, e venne un pò così...ora invece ho chiesto in giro ad amiche e bravissime cuoche (grazie Benedetta e Roberta!), mi sono armata di santa pazienza ed entusiasmo, ho assoldato un piccolo esercito di aiutanti (il capitano e signora), e devo dire non è niente male. La pastierina di prova dice che il risultato è buono. La pastiera grande verrà aperta domenica per Pasqua, come vuole la tradizione. E intanto, Buona Pasqua a tutti!

giovedì 5 aprile 2012

Ricordi da un trasloco

L’anima va somigliando sempre di più ad una spiaggia vuota. No, questa casa va somigliando sempre di più ad una spiaggia vuota. Quelle spiagge d’inverno, vuote di ombrelloni e cabine e bar e tamburelli, che lasciano spazio all’odore del mare, al suo rumore incessante, lontano da ogni possibile forma di riproduzione umana. E la cosa strana è che questa casa si trova vicino al mare, ci passa solo una strada in mezzo, che d’estate diventa un affollatissimo nastro rumoroso di autoradio e famiglie, e d’inverno rimbomba e fa paura per la sua solitudine, e il suo buio. Se apro la finestra per far uscire la puzza di umido, il mare di dentro può confondersi con il mare di fuori, e così le loro solitudini parallele. Invece lascio chiusa la finestra e accendo un bastoncino di incenso e una candela, metto su un disco a caso, e comincio a chiudere la mia vita in qualche scatola di pasta, o di pannolini. Libero per prime le pareti, tolgo i quadri, i calendari, gli specchietti etnici, gli attaccapanni. Passo al frigorifero e alla scala di ferro, ricoperti entrambi di magnetini da collezionista nevrotico. Poi è il turno dei libri: li prendo dagli scaffali, li odoro e li tocco per verificarne il grado di umidità, sbuffo pensando a quanti ancora non ho letto. Cade una foto usata come segnalibro, mi attardo a guardarla, non so se davvero mi interessa compiere questo gesto. L’ansia che mi assale è quella di fare spazio, pulizia, di restituire le cose per troppo tempo avute in prestito, dimenticare, mettere ordine nelle scadenze, liberarmi dei rimpianti e delle zavorre pesanti, ricordare gli appuntamenti, e togliere la polvere. Mi sento un po’ sola e persa, ma non ho voluto né saputo chiedere aiuto a nessuno, e infatti sono tutti lì che pensano che non ho avuto bisogno nemmeno della ditta dei traslochi, tanto ero brava a cavarmela da me. La schiena fa male, e questo è l’unico segnale chiaro che riesco a ricevere. Tutto il resto rimane vuoto e indistinto, come una spiaggia invernale esposta al mare e ai venti, che non ospita nessuno a prendere il sole o a giocare ai castelli di sabbia, e non mantiene in sé nessuna impronta di piedi o di tavolini. Forse è meglio aprire questa finestra, fare luce, dare spazio all’aria, a questo vento caldo e inconsueto per una stagione di freddo eccezionale, come dicono i metereologi. Meglio riempire presto le scatole di cartone, sigillarle ordinatamente, dimenticarne il contenuto. Buttare qualcosa, dopo attenta analisi dei pro e dei contro. Mettere i vestiti nelle valigie, o portarli tutti in lavanderia, perché vada via quest’odore di umido.

mercoledì 4 aprile 2012

La pastiera di Benedetta

E ora ho anche la ricetta di Benedetta di gastronomicavolante.blogspot.it! Grazie, e comincino le danze!

martedì 3 aprile 2012

La pastiera di Roberta

La mia amica Roberta ha postato per me la sua ricetta della pastiera napoletana. Io sono in periodo di esperimenti, quindi quest'anno mi avvalgo della sua ricetta, che sto collezionando insieme ad altre, per vedere se pure a me riesce una pastiera decente!

venerdì 9 marzo 2012

http://inthekitchenforfun.blogspot.com/

Chi ha un blog conosce questo simbolo:


Si tratta di un premio che un blogger dà ad un altro blogger. Io voglio premiare Roberta di http://inthekitchenforfun.blogspot.com/.
Mi piacciono un sacco le sue ricette, la sua grafica e la sua simpatia. E voglio essere invitata a pranzo da lei!

Riguardo il premio, per chi lo riceve ci sono delle regole:

1. ringraziare chi lo ha assegnato, mettendo il link al suo blog (già fatto)

2. condividere 7 cose/fatti/notizie su se stesso

3. conferire l’Award ad altri 15 blogger che segue o che ritenga abbiano un blog interessante e far sapere loro che hanno vinto.

mercoledì 7 marzo 2012

Un pò di riflessioni intorno ai luoghi del lavoro, a partire da un web contest che mi ha ispirata

Questa è la mia scrivania, fotografata in una sera di marzo. C’è il portatile, la stampante nuova regalo di Natale di mia sorella e di suo marito, un vecchio telefono, la base di un utilissimo cordless, libri e guide di viaggio, portapenne e porta incensi, una lampada di carta di riso rossa, acquisto romano di un periodo difficile, statuette lignee e di ceramica (devo ammetterlo, bomboniere di matrimoni di amiche), biglietti aerei, foto sparse, le mie amiche, mia zia e me da bambina, mia sorella, la mia gatta, un cuoricino antistress, penne e matite in quantità, una candela aromatizzata all’olio d’oliva, una calcolatrice, la cassetta degli attrezzi Ikea, una scatola portamatite che è la bizzarra e forse un po’ pacchiana riproduzione della Tate Modern di Londra. Ieri sera, quando ho mostrato questa foto, insieme alle altre che avevo scattato per partecipare al web contest, al mio compagno perché mi desse un suo parere, lui ha esclamato con un’aria un po’schifata: “Quanta roba!”. Conosco il suo bisogno di ordine, capisco bene perché la mia scrivania non gli piaccia. C’è troppa roba. Eh, già, è pienissima. Della mia vita. E’ la mia vecchia scrivania, quella che si ricorda lo studio per la maturità, poi per la laurea e la tesi scritta al vecchio computer dell’età della pietra, nella mia stanza a casa di mia madre, che sto cercando di trasformare in studio, quella a cui sono tornata dopo le esperienze di lavoro all’estero, quando ancora credevo che tutto sarebbe stato possibile, dopo le vittorie e le sconfitte, soprattutto dopo le sconfitte, i finanziamenti che non arrivavano, i crediti che salivano vertiginosamente, i miei crediti che si facevano quasi carta straccia inesigibile, quando i tempi si sono fatti bui, e il lavoro difficile, spinoso. Conservo ancora un altro posto, un po’ lontano da qui, che è il mio luogo di lavoro ufficiale, la mia società di formazione che testardamente resiste alle avversità e ai committenti pubblici insolventi, ma è da qui, seduta di fronte alle foto della Bretagna, o dell’India, che ho fatto centinaia di interviste telefoniche con annesso questionario a società di formazione venete o molisane nell’ambito di una indagine statistica per cui sono stata pagata presto e bene, è qui che ho passato ore a studiare, fare ricerche, mandare e ricevere mail, e scrivere (o meglio, ridurre) in formulari complicatissimi e rompicapo i progetti che sono il fulcro del mio lavoro. Da qui mi muovo, sempre con il mio fido destriero a quattro gomme (Camilla II, ma questa è un’altra storia), per andare in istituti scolastici, vedere persone per gruppi di lavoro, fare docenze, cercare o creare nuove possibilità. Qualche sera fa il mio socio ed io abbiamo lavorato insieme ad un piano finanziario piuttosto complesso, via skype, condividendo lo schermo del computer, e l’ansia dei numeri che devono tornare, ad un certo punto. Un modo per eliminare, seppur in maniera virtuale, le lontananze, e le solitudini.

martedì 6 marzo 2012

Web Contest: Soggettiva Lavoro

C'è un web contest in giro, che mi ha molto attratta: riservato alle donne, chiede di raccontare, con una foto e un testo di commento, il proprio lavoro, e il proprio luogo di lavoro. Io l'ho fatto, ed è stato divertente. Quando il contest sarà finito, pubblicherò qui la mia foto e il mio testo. Intanto vi chiedo, donne e amiche, di partecipare anche voi!

giovedì 9 febbraio 2012

Al freddo e al gelo

Con l'Italia "stretta nella morsa del gelo", come da splendido linguaggio giornalistico, qui tutto procede, alla ricerca di piccoli esempi di grazia e dignità. Devo dire che in questo preciso momento storico ne trovo pochi, ma continuo a cercare, forse i miei occhi non sono abbastanza attenti. O forse deve passare quest'inverno troppo freddo e duro, e dovrà arrivare una splendente estate...